Vita quotidiana di una numeraria dell’Opus Dei/La giornata

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V. LA GIORNATA

Dal risveglio all’ora pranzo

Sono le 6.30 del mattino. Nella stanza della direttrice del centro suona la sveglia[1]. Immediatamente la direttrice si tira via di dosso le coperte e scende dal letto con prontezza, cercando di non concedere nemmeno un istante alla pigrizia. In tal modo inizia, con il minuto eroico, la prima di una lunga serie di consuetudini che scandiranno la sua giornata di numeraria.

Immediatamente dopo, come ogni altro socio - numerario, aggregato o soprannumerario della sezione maschile o femminile - continua con l’offerta delle azioni. Questa norma del piano di vita consiste nel baciare il pavimento in segno di umiltà e di servizio, mentre si recita interiormente la giaculatoria “Serviam!” “Servirò[2].

E’ quindi pronta per dare la sveglia al resto della casa: o comporrà il numero di telefono interno per raggiungere le varie zone dove si trovano le stanze in cui dormono le altre numerarie del centro, oppure, se la casa è piú grande - come è il caso di una residenza universitaria o di un centro di studi - formerà il numero di telefono interno di una incaricata per ogni zona, perché questa poi bussi alle stanze delle altre numerarie.

Ognuna ripete la ritualità del minuto eroico e dell’offerta delle azioni; poi, indossando una vestaglia se i servizi, come accade spesso nei centri dove vivono persone piú giovani, sono in comune, ci si avvia verso il bagno, dove in mezz’ora esatta ci si laverà, facendo una rapida doccia con acqua fredda (l’acqua calda è sempre disponibile, ma è di buono spirito e argomento di direzione spirituale settimanale fare questa penitenza e offrirla per il Padre), ci si trucca un po’, secondo il gusto di ognuna, e tornate nella propria stanza, ci si veste e si rifà il letto.

Tutte queste operazioni si svolgono nel piú perfetto silenzio, chiamato tempo notturno[3], per permettere ad ognuna di vivere in un raccoglimento interiore fatto di giaculatorie e comunioni spirituali - due norme di sempre - la preparazione all’orazione mentale e alla messa.

Dopo mezz’ora esatta dal suono della sveglia ci si comincia a riunire nell’oratorio, la cappella del centro. L’incaricata di oratorio, o se questa non è ancora arrivata, qualche altra numeraria di buona volontà e con iniziativa, accende due candele ai lati del tabernacolo ed eventualmente - se è festa - sistema dei fiori, col gambo corto e messi direttamente sulla sponda posteriore dell’altare senza nessun recipiente d’acqua per prolungarne la durata, negli spazi fra il tabernacolo e i tre candelieri che lo affiancano.

Nel frattempo tutte arrivano alla spicciolata, dopo aver prelevato da un mobile a scomparti che si trova nelle immediate vicinanze dell’oratorio il messale e il velo con cui si copriranno il capo, e l’incaricata del giorno dà inizio ad alta voce all’orazione mentale fatta in comune: “Signore mio e Dio mio, credo fermamente che sei qui, che mi vedi e che mi ascolti. Ti adoro con profonda riverenza. Ti chiedo perdono dei miei peccati e grazia per fare con frutto questa orazione. Madre mia immacolata, san Giuseppe, Padre e signore mio, Angelo mio custode, intercedete per me”. Quindi inizia la lettura ad alta voce di Meditaciones[4], un testo redatto in vari volumi per il tempo ordinario e le varie feste e periodi liturgici, ad esclusivo uso dei soci, nel quale, in tre paragrafi che vengono letti e intervallati da una decina di minuti di orazione mentale personale, vengono affrontati metodicamente vari aspetti dello spirito dell’Opus Dei legandoli ai testi liturgici.

Almeno una volta durante la settimana l’orazione mentale del mattino viene predicata dal sacerdote numerario incaricato del centro[5]. In tal caso l’incaricata di oratorio la sera prima, oltre a preparare i paramenti per la celebrazione della messa, lascia pronto fra il presbiterio e i banchi dei fedeli, in modo tale che il sacerdote non dia le spalle al tabernacolo ma si possa rivolgere alle numerarie sedute nei banchi, un tavolino, ricoperto da un drappo che copre completamente il mobile fino a terra, con sopra una lampadina schermata e un crocifisso.

Quando il sacerdote arriva, si inginocchia davanti al tabernacolo e gli rivolge la preghiera di inizio dell’orazione, quindi vengono spente tutte le luci nella stanza dell’oratorio, meno le due candele ai lati dell’altare e la lampadina sul tavolo del sacerdote, e questi inizia a dettare a voce alta la sua meditazione che viene ascoltata in silenzio, e cercando di unirsi personalmente, dalle numerarie presenti.

Qualche volta il sacerdote legge i suoi appunti, qualche altra no. Qualche volta qualcuna nell’uditorio sente il bisogno di appuntare un pensiero o un proposito ed estrae l’agendina tascabile che porta sempre con sé per scrivere rapidamente qualche frase.

Sia che la meditazione del mattino sia predicata dal sacerdote, sia che no, la meditazione si conclude dopo mezz’ora con una preghiera ad alta voce simile a quella d’inizio: “Ti ringrazio, mio Dio, per i buoni propositi, affetti, ispirazioni, che mi hai comunicato in questa orazione. Ti chiedo aiuto per metterli in pratica. Madre mia immacolata, san Giuseppe, Padre e Signore mio, Angelo mio custode, intercedete per me”.

Quindi il sacerdote si trasferisce in sacrestia e, se qualcuna ne ha bisogno, passa nel confessionale[6]. Rivestitosi dei paramenti preparati secondo precise indicazioni, il sacerdote passa nell’oratorio, dove nel frattempo sono state accese tutte le luci elettriche e, se è una solennità o una festa, tutte le sei candele di cera ai lati del tabernacolo, e inizia la celebrazione della messa[7] che verrà celebrata dando le spalle al popolo e, se non sono presenti persone non “di casa” cioè non dell’Opus Dei, in latino. È di buono spirito utilizzare con devozione il messale italiano/latino, non solo per seguire meglio i testi della liturgia, ma anche per non distrarsi e per aiutarsi nei dieci minuti di ringraziamento alla comunione. Abitualmente viene utilizzato il Canone I o Canone Romano, piú lungo e solenne, e solo molto eccezionalmente possono essere utilizzati gli altri canoni.

La messa viene celebrata e seguita con grande raccoglimento, i movimenti delle fedeli sono all’unisono come le loro voci nelle risposte al sacerdote. Tutto è caratterizzato dalla devozione e dalla correttezza. L’incaricata di oratorio suonerà un campanello subito prima della consacrazione eucaristica e al termine della consacrazione delle due specie. Nella sezione femminile, dove non è possibile servire la messa dato che nessuna donna è ammessa al servizio dell’altare, viene accesa all’inizio della celebrazione una candelina posta in una bugia appoggiata sull’altare, alla destra del celebrante e accanto al corporale. Questa candelina, nella sezione maschile e nelle messe solenni in cui la messa viene servita, viene accesa al momento della consacrazione. Al momento della comunione, due numerarie che si trovano ai primi banchi si alzano per accostare al centro del corridoio formato dalle due ali dei banchi due inginocchiatoi, che generalmente completano il primo banco della fila, li coprono con una tovaglietta di lino bianco inamidato e ricamato, e sopra appoggiano un piattino ovale di metallo pregiato, per lo piú argento o argento dorato, che serve a chi si comunica per metterlo sotto la bocca ed evitare che vada disperso il piú piccolo frammento di particola consacrata. La comunione viene ricevuta in ginocchio.

Terminata la messa, il sacerdote torna in sacrestia a svestirsi dei paramenti, a volte accompagnato da un breve canto gregoriano[8]. Il piú delle volte farà il suo ringraziamento eucaristico nel confessionale, dove è possibile che passi ancora qualche numeraria che non ha ancora compiuto la norma della confessione settimanale, o piú semplicemente qualcuna che vuole passare per una confessione di devozione, non necessaria cioè a ricevere in grazia il sacramento dell’eucarestia, ma fatta per aumentare il proprio spirito di contrizione o in espiazione di qualche mancanza ritenuta piú seria del solito. Qualche volta il sacerdote si fermerà ancora qualche minuto per scambiare poche parole, necessarie al governo spirituale della casa, con la direttrice, che andrà a parlargli in sacrestia sempre accompagnata da un’altra numeraria, per lo piú una senior, per età o per responsabilità di governo nel centro. Intanto nell’oratorio, tutte le numerarie fanno dieci minuti di ringraziamento eucaristico, che termina con la recita dell’inno Trium Puerorum, o con il Salmo II il martedì o l’Adoro Te Devote il giovedì.

All’uscita dall’oratorio, mentre si ripongono veli e messali, si rompe il tempo notturno e ci si scambiano frasi di saluto e di vita quotidiana, quindi ci si avvia verso la sala da pranzo per la colazione a base di latte, caffè, eventualmente thè se qualcuna ne ha bisogno o desiderio, e pane con burro e marmellata. Già da questo primo pasto della giornata si inizia a vivere la norma di sempre della mortificazione: potrà essere l’astenersi dallo zucchero nel caffè o dallo spalmare il pane col burro[9]: ognuna si ingegna di metter quello che il fondatore chiamava “l’ingrediente della mortificazione” nel proprio pasto, in maniera dissimulata.

Terminata la colazione, che dura una decina di minuti, ognuna si reca a indossare un grembiule bianco per lo svolgimento di un incarico di pulizia o manutenzione del centro in cui vive, incarico dal quale si è esonerate solo in casi eccezionali[10]. A volte questo incarico di pulizia, per esigenze organizzative del centro, può essere programmato prima dell’orazione e della messa, ed allora viene svolto continuando ad osservare il tempo notturno e limitandosi quindi a scambiarsi solo le parole indispensabili allo svolgimento del lavoro.

Questo momento di lavoro è spesso quello scelto per indossare il cilicio[11], uno strumento di mortificazione il cui uso è previsto per la durata di due ore nella giornata di ogni numeraria e aggregata. Il modello di cilicio utilizzato dai soci dell’Opera consiste in una catenella di ferro formata da maglie che terminano in punte acuminate, della larghezza di tre o quattro centimetri e della lunghezza necessaria per poter avvolgere strettamente la parte alta della coscia. La durata di questa penitenza può essere allungata dalla devozione di ogni singola persona, che comunque dovrà sempre chiedere il permesso alla propria direttrice per aumentarla. È molto frequente che tale tempo venga allungato nel proprio giorno di guardia[12], o per qualche intenzione apostolica o per poter raccomandare qualche intenzione speciale.

L’uso del cilicio in questo momento della giornata nel quale si compie un’attività fisica permette innanzitutto di non ritardare il compimento di questa consuetudine, rischiando di saltarla o di abbreviarla, e inoltre di eseguirla in maniera piú generosa, dato che la necessità di dover compiere molti movimenti non permette di risparmiarsi. Comunque non ci sono controindicazioni a che lo si faccia in qualunque altro momento della giornata.

Dopo questo primo momento di pulizia della casa, le persone che hanno un lavoro esterno si preparano per uscire, le altre continuano con il lavoro di pulizia se questo è il loro lavoro professionale, come nel caso delle numerarie ausiliari e delle numerarie incaricate di lavori di amministrazione, oppure iniziano il loro lavoro d’ufficio se hanno incarichi interni di governo, come nel caso di membri di un Consiglio Locale, di una Delegazione o dell’Assessorato.

Pranzo e la tertulia[13]

Le numerarie di un centro tornano a riunirsi per il pranzo.

Chi ne ha avuto la possibilità avrà gia compiuto, nella mattinata, un’altra norma del piano di vita, quella della lettura spirituale. Questa norma consiste nella lettura di un brano del Vangelo, che durerà circa cinque minuti, e viene fatta in maniera ordinata e progressiva, tale da garantire che, dopo qualche tempo, ognuna abbia letto e torni a leggere in maniera sistematica tutto il Nuovo Testamento. La norma continua, fino a raggiungere un tempo totale di quindici minuti, con la lettura di un libro spirituale: può essere un classico della letteratura spirituale ascetica o teologica patrimonio della chiesa cattolica, ma col passare degli anni, dopo il 1975, anno della morte del fondatore, prevale la tendenza a leggere testi di monsignor Escrivá. Anche le pubblicazioni interne, Noticias per la sezione femminile e Cronica e Obras per la sezione maschile, possono essere usate come testi di lettura spirituale, negli articoli che sono di argomento ascetico o che riportano parole del Padre, in tertulie o incontri di altro tipo.

Inoltre a mezzogiorno, privatamente o in piccoli gruppi quando ce n’è la possibilità, ogni numeraria avrà recitato l’Angelus, o il Regina coeli nel tempo pasquale.

Chi è uscita, rientrando passa in direzione per salutare la direttrice. Tutti i membri dell’Opera, quando sono soli tra loro, utilizzano per salutarsi una formula interna che intende riecheggiare il saluto che utilizzavano i primi cristiani “Pax”, a cui si risponde “In aeternum”. Questa formula di saluto è di solito la prima cosa che si insegna, con allegra complicità, a chi ha appena pitato[14], subito dopo aver consegnato alla direttrice la lettera con la sua richiesta di ammissione all’Opera.

Pochi minuti prima del pranzo le numerarie del centro si incontrano nell’oratorio per la recita in famiglia[15] delle Preci, l’orazione ufficiale dell’Opus Dei, composta da frasi di salmi e di orazioni, che insieme formano come un compendio dello spirito dell’Opera.

Una numeraria torna ad accendere le due candele piccole ai lati del tabernacolo, che contrassegnano le preghiere fatta in famiglia in maniera ufficiale, da quelle che le singole persone recitano privatamente. Ogni giorno, a turno per ordine alfabetico, una persona è incaricata di dirigere queste orazioni. Quando tutte sono arrivate, si bacia il suolo ripetendo “Serviam!”, quindi chi dirige le preghiere inizia “Ad Trinitatem Beatissimam” e, in coro, le altre rispondono: “Gratias tibi Deus, gratias tibi: vera et una Trinitas, una et summa Deitas, sancta et una Unitas”. La voce singola continua: “Ad Jesum Christum Regem”, e le altre rispondono: “Dominus iudex noster, Dominus legifer noster, Dominus Rex noster: ipse salvabit nos”. La preghiera continua per qualche minuto con invocazioni alla Vergine Maria, ai santi protettori dell’Opera e con preghiere per il Padre, per i benefattori e i familiari dei soci dell’Opera, per i soci vivi e defunti.

Qualche momento di disorientamento può esserci nei centri dove le numerarie non vivono sole fra di loro, per esempio nelle residenze universitarie o nei club di liceali, dove spesso durante la giornata entrano in oratorio persone non di casa, perché si cerca di evitare che al momento della recita delle Preci siano presenti persone estranee, che resterebbero sconcertate dal fatto di vedere tanta gente contemporaneamente compiere gesti di devozione così eccentrici come baciare il pavimento e recitare rigorosamente in latino preghiere sconosciute ai piú.

Terminate di recitare le Preci, ci si ferma ancora qualche istante in silenzio per fare l’esame particolare, ognuna per conto suo, poi la direttrice o in sua assenza la dignior - la piú importante per carica o per età - concludono questo momento di vita di famiglia con la giaculatoria abituale “Sancta Maria, spes nostra, ancilla domini”, alla quale tutte rispondono “Ora pro nobis[16].

Di nuovo si esce dall’oratorio, si ripongono i veli e ci si avvia chiacchierando verso la sala da pranzo. Lí, in uno o piú tavoli, a secondo del numero di persone che abitano il centro, apparecchiati con una cura che raggiunge l’eleganza, le numerarie prendono posto. Solo il posto della direttrice è fisso, gli altri cambiano, e in una residenza universitaria sarà cura delle numerarie spargersi nei diversi tavoli, mescolandosi alle altre residenti che non appartengono all’Opera, per garantire con la loro presenza il mantenimento di un buon tono umano e, possibilmente, soprannaturale.

Quando tutte sono sedute la direttrice suona il campanello che contraddistingue il suo posto, e chi ha il turno di preghiera in quel giorno inizia la benedizione del pasto: “Benedic, Domine, nos et haec tua dona quae de tua largitate sumus sumpturi. Per Christum Dominum nostrum”. Al che tutte rispondono con l’”Amen” rituale. La formula latina si utilizza esclusivamente nei “centri di san Michele” -abitati da sole numerarie -; in tutti gli altri si utilizza la stessa preghiera tradotta in italiano.

Il pranzo è uno dei cosiddetti momenti di vita di famiglia, nei quali è di buono spirito, per una numeraria, vivere con naturalezza e spontaneità la dimensione piú laicale della propria vocazione, comportandosi con maggiore spontaneità e possibilmente con allegria, pur senza tralasciare di compiere i propri doveri di carità e di sollecitudine verso le altre. Il tutto, come già nella colazione, condito con l’ingrediente della mortificazione. In questi momenti sono molto apprezzati gli aneddoti apostolici, specialmente quelli legati al lavoro svolto durante la mattinata. Naturalmente questo modo ideale di comportarsi viene di fatto vissuto con modalità molto diverse a seconda della situazione concreta in cui ci si trova. In un centro di studi, per esempio, si avvertirà allo stesso tempo una maggiore misura e controllo di ogni comportamento - dovuti al regime di intensa formazione che caratterizza un centro del genere - con una specie di repressa, e a volte nemmeno tanto, goliardia, dovuta alla giovane età media. Nei centri in cui si svolge lavoro di governo, delegazioni e assessorato, specialmente quando c’è qualche numeraria ospite, si arriva a percepire una certa soggezione, dovuta all’emozione di trovarsi a tu per tu con delle direttrici che sono viste come rappresentanti dirette del Padre, e quindi indirettamente di Dio stesso. Nei corsi annuali e nei centri di san Michele si assisterà in genere ad una maggiore spontaneità, condita però, qualche volta, da qualche strappo alle regole non scritte del buono spirito di qualche numeraria piú indipendente e libera di spirito. Nei centri di numerarie ausiliari, infine, il tono sarà spesso allegro, con qualche nota di infantilismo, segnato dagli interventi della numeraria che assiste, servendo e controllando il buono spirito, al pasto delle ausiliari.

Il pasto è composto normalmente da un primo piatto, un secondo con contorno, e dalla frutta, accompagnati da acqua, vino e pane, di cui ognuna si serve secondo il bisogno e il desiderio. Si curano piccoli dettagli di una cortesia che vuole essere, allo stesso tempo, una forma di carità: riempire il bicchiere della vicina o offrirle un piatto di portata lontano senza attendere che l’interessata ne faccia richiesta, cercare di non prendere per sé la porzione migliore, non precipitarsi per servirsi, eccetera.

Se qualcuna arriva in ritardo, si avvicina alla direttrice e chiede scusa, una consuetudine che sta a metà strada fra un atto di buona educazione e un’ammenda fatta con spirito ascetico.

Nei centri con amministrazione normalmente il servizio a tavola sarà garantito da una o piú numerarie ausiliari o da collaboratrici domestiche che non appartengono all’Opera. Nei centri senza questo servizio, le numerarie stesse si turnano per il servizio a tavola, alzandosi tutte le volte che ce n’è bisogno per ritirare i piatti o per servire le nuove portate.

Nei giorni di festa il pranzo si può arricchire con un dolce al posto della frutta, con un vino un po’ piú pregiato, con un leggero aperitivo, che nei casi di feste particolarmente solenni arriva a essere molto curato e servito su un carrello nel soggiorno. In questo caso anche i servizi di tovaglie, piatti, posate e bicchieri sono piú preziosi e di tono di quelli usati quotidianamente, e si cerca di non far mancare una piccola decorazione floreale al centro della tavola. Anche la divisa di chi serve in tavola, in questi giorni, è piú raffinata.

Si cerca di contenere il tempo del pranzo in mezz’ora. Quando tutte hanno terminato, la direttrice dà con il campanello con cui ha regolato e diretto il servizio a tavola il segnale e si recita la preghiera di ringraziamento: “Agimus tibi gratias, omnipotens Deus, pro universis beneficis tuis. Qui vivis et regnas in saecula saeculorum – Amen – Deus det nobis suam pacem – Et vitam aeternam, amen ».

Subito si torna in oratorio per la Visita al Santissimo Sacramento, o come piú spesso si usa dire, per la Visita, tout court. A differenza delle Preci prima di pranzo, che in presenza di persone estranee all’Opera possono essere dissimulate fino ad evitare di recitarle tutte assieme come momento di vita di famiglia, per questa Visita si cerca di coinvolgere il piú possibile le residenti e le altre persone non del centro ospiti in quel momento. Si recitano per tre volte il Padre nostro, l’Ave Maria e il Gloria al Padre, terminando la visita con la comunione spirituale: “Vorrei, Signore, riceverti, con la purezza, umiltà e devozione con cui ti ricevette la tua santissima Madre, con lo spirito ed il fervore dei santi” e con la giaculatoria “Sancta Maria, spes nostra…”, che già conosciamo.

È quindi il momento della tertulia. Il termine in spagnolo, lingua paterna dell’Opus Dei, significa una riunione fra amici per scambiare qualche chiacchiera. Nell’Opera questo momento vuole essere qualcosa piú simile a quello che nelle famiglie è il dopo cena, quando dopo aver spicciato e finite le faccende ci si riunisce nella stessa stanza per leggere il giornale, mettere un punto di cucito, ascoltare distrattamente la TV, e sostanzialmente stare insieme i membri della stessa famiglia. La tertulia nell’Opera è però soprattutto un momento squisitamente apostolico, sia che siano presenti solo persone di casa - e allora si caratterizzerà soprattutto con notizie del Padre, con aneddoti proselitistici riguardanti le persone piú prossime a chiedere l’ammissione all’Opera, e con notizie riguardanti le nuove attività apostoliche -, sia che siano presenti persone non dell’Opera, e allora si tratteranno piú o meno gli stessi argomenti ma ad usum delphini, senza esplicitare troppo le intenzioni proselitistiche, enfatizzando il riferimento alla Chiesa e alla società piú che quello all’Opera, oppure puntando decisamente sull’aspetto piú ludico e ricreativo, con qualche canzone cantata assieme o qualche barzelletta raccontata con spirito e buon gusto.

In circostanze particolari, come per esempio una convivenza di pitabili che riunisce, cioè, persone in crisi vocazionale, la tertulia è il momento privilegiato per mandare il discorso sul racconto che qualche numeraria può fare della nascita della propria vocazione, soffermandosi sugli aspetti piú pittoreschi - come una conversione o l’essere stata la prima di una nazione - o piú drammatici, come l’opposizione messa della propria famiglia d’origine o la chiusura di un forte rapporto affettivo. In questo caso, mentre una parla, tutte le altre finiscono per ascoltare commosse con trepidazione per la situazione fortemente emotiva che si viene a creare.

Anche la tertulia dura circa mezz’ora. Allo scadere del tempo previsto, la direttrice dà il segnale della fine alzandosi e avviandosi in oratorio o nel suo ufficio.

Pomeriggio

Inizia il tempo di lavoro[17], un secondo periodo di silenzio e raccoglimento - anche se non così radicale come quello della notte - che dura circa tre ore e che serve per preparare alla mezz’ora di orazione mentale del pomeriggio.

Il primo pomeriggio è un momento spesso dedicato alla recita del Rosario, sia come momento di vita di famiglia - nei giorni di festa solenne e nei corsi annuali e corsi di ritiro -, sia come norma del piano di vita vissuta privatamente. Come anche le altre norme, la recita del Rosario può e deve diventare, tutte le volte che è possibile, un momento di apostolato. Nelle residenze universitarie le numerarie lo reciteranno spesso con qualcuna delle residenti che stanno trattando apostolicamente, lo stesso nei club di liceali e nelle convivenze di san Raffaele.

C’è una maniera uniforme di scandire questa orazione. Prima del Rosario vero e proprio, si ripete la visita al santissimo, quindi l’orazione “Domine, labia mea aperies” alla quale si risponde “Et os meum annuntiabit laudem tuam”; “Deus, in adiutorium meum intende”, “Domine ad adiuvandum me festina”; “Gloria patri…”; poi si procede con la recita delle decine precedute dalla dichiarazione del mistero, gaudioso, doloroso o glorioso, che si sta per contemplare. Infine si recitano le litanie della Vergine.

Dopo la morte del fondatore si assiste all’interno dell’Opera a un giro di vite rispetto alle esigenze ascetiche e dottrinali fino ad allora vissute, voluto dal nuovo presidente generale don Alvaro del Portillo. Iniziò allora ad essere di buono spirito, ma non obbligatorio, recitare ogni giorno interamente le tre parti del Rosario. Precedentemente si recitavano interamente i soli cinque misteri che la Chiesa propone alla devozione dei fedeli per ogni giorno della settimana, raccogliendosi per una rapida contemplazione mentale degli altri misteri, cinque al mattino e cinque al pomeriggio.

Ad ogni modo anche il Rosario, come tutte le altre norme del piano di vita quotidiano, meno le due mezz’ore di orazione mentale espressamente previste una al mattino e una al pomeriggio, si possono compiere in qualunque momento della giornata, compatibilmente con le proprie circostanze personali di attività professionale e di circostanze familiari. Resta comunque da evitare il compierle tutte assieme una di seguito all’altra, perché il loro scopo è invece quello di riempire l’intera giornata di appuntamenti che aiutino a mantenere un rapporto costante con Dio.

Generalmente il pomeriggio è un tempo privilegiato da dedicare al proprio incarico apostolico. Quello dell’apostolato personale e del proselitismo è un dovere che incombe su ogni socio dell’Opus Dei senza zone franche: tutta la formazione che si dà e che si riceve nell’Opera spinge e motiva a trasformare in apostolica ogni circostanza di vita. Ciò non toglie che ai singoli soci venga affidato un incarico apostolico di cui sentirsi responsabile in maniera particolare. Per cui, terminata la tertulia del pomeriggio e se possibile compiuta qualche norma del piano di vita, ognuna delle numerarie del centro si dedica a tale incarico, dentro o fuori del centro stesso. Alcune usciranno per andare a svolgere il lavoro di san Raffaele - con ragazze giovani - in un club di liceali o in una Residenza universitaria; altre, normalmente appartenenti ad una fascia d’età piú alta, usciranno per andare a svolgere il loro incarico di san Gabriele - con soprannumerarie e cooperatrici - appartenenti all’Opera le prime, o vicine ad essa le seconde, orientate alla vita matrimoniale. Può anche accadere che il luogo dove si svolge il proprio incarico apostolico sia lo stesso centro dove si vive; così come accade invece che alcune numerarie - che svolgono un’attività professionale esterna che richiede un orario di lavoro prolungato - non tornino al proprio centro che a pomeriggio avanzato, col tempo giusto per terminare il piano di vita e svolgere qualche piccolo incarico domestico, o fare il colloquio fraterno con la direttrice. Queste numerarie, oltre a svolgere il loro apostolato personale con le colleghe del loro posto di lavoro, normalmente dedicheranno al proprio incarico apostolico, piú circoscritto, il sabato.

Anche la merenda è per una numeraria un momento di vita di famiglia, anche se non obbligante come gli altri, che tutte le volte che è possibile è bene trasformare anche in un momento apostolico, vivendolo con le residenti in una residenza universitaria, o con le associate del club nei centri per ragazze piú giovani. In quest’ultimo caso è di buono spirito vivere quello che il fondatore chiamava “l’apostolato del non dare” e chiedere alle invitate un piccolo contributo economico per coprire le spese della merenda.

Serata

La cena, ancora piú del pranzo al quale, per esigenze professionali o di altro tipo, capita che non partecipino tutte le persone del centro, è il momento di vita di famiglia che vede riunite tutte le numerarie. Il pasto ha tutte le caratteristiche del pranzo, salvo il fatto che è in genere un po’ piú leggero, non nel numero delle portate, quanto nella loro sostanza. Nella seconda metà degli anni ’80 alcune direttive del Padre, miranti a dare un giro di vite nell’austerità con cui i fedeli della prelatura vivono le esigenze di donazione, restrinsero l’uso del vino al solo pranzo, e da allora sulla tavola della cena si trova solo la brocca dell’acqua.

Subito prima o subito dopo la cena, secondo le esigenze di orario di ogni centro, c’è un tempo dedicato al proprio incarico. Una numeraria si occuperà di registrare nel diario del centro i fatti della giornata, con semplicità e spirito positivo, enfatizzando avvenimenti e successi apostolici, accennando discretamente e sinteticamente ad eventi meno positivi, ben sapendo che tutto verrà controllato con frequenza dal direttore del centro, sia per integrare possibili dimenticanze come per fare le correzioni opportune[18].

Intanto l’incaricata di oratorio preparerà tutto il necessario per la celebrazione eucaristica del giorno dopo, aiutandosi con l’Epacta -l’agenda liturgica ufficiale della Chiesa - e consultando la Prassi di oratorio - una raccolta di criteri dati dal fondatore e di esperienze maturate con gli anni nei centri e ritenute di valore universale - tutte le volte che le sorge qualche dubbio riguardante la corretta esecuzione del proprio incarico: dalla disposizione degli arredi liturgici sull’altare, alla distanza che devono avere da terra le tovaglie disposte sull’altare stesso, al numero di capi del corredo liturgico che deve esserci in ogni centro, alla maggiore o minore solennità - identificata dalle lettere A, B, o C dell’alfabeto - con cui dovrà essere celebrata qualche festa della Chiesa o dell’Opera. È probabile che nello stesso momento la segretaria del consiglio locale apra la cassa perché le numerarie possano fare le loro richieste di denaro - la quantità di denaro data a ognuna non è di solito abbondante e non basta a coprire le spese di un intero mese se c’è qualche imprevisto - e che qualche altra numeraria dedichi questo tempo disponibile per fare, o per ricevere, il colloquio fraterno.

Normalmente la tertulia della sera è l’ultimo impegno per una numeraria, prima dell’esame generale e del sonno notturno.

Anche la tertulia della sera ha caratteristiche molto simili a quella del pranzo. Si cercherà, da parte di tutte, di curare di mantenere un buon tono umano e soprannaturale, di non tralasciare dettagli di carità e di affetto verso le altre, ascoltandole con attenzione o rivolgendo domande che dimostrino il proprio interesse. È di buono spirito portare spesso la conversazione su aneddoti apostolici o riguardanti il Padre o il fondatore, designato come nostro Padre dopo il 1975 per distinguerlo, nel lessico quotidiano, dal presidente generale prima, o prelato dopo l’approvazione dell’Opus Dei come prelatura personale poi, attualmente in vita.

Qualche rara volta ci si permette la visione di un film trasmesso alla televisione, un elettrodomestico presente in tutti i soggiorni dei centri dell’Opera abitualmente sistemato dentro un mobile ad ante che ne permette la chiusura a chiave, in modo tale che la fruizione di un qualunque programma debba necessariamente passare attraverso l’autorizzazione esplicita della direttrice alla quale occorre richiedere la chiave. Anche questa prassi conosce le sue eccezioni: nei centri di numerarie maggiori molto spesso tale mobile non ha la chiave, o essa viene lasciata nella serratura, anche perché, dato che si tratta per lo piú di centri abitati da un numero ridotto di persone, vige di fatto un piú dissimulato, ma non meno efficace, controllo sociale. Ad ogni modo la soluzione d’arredo prevalente per la televisione serve a ricordare a tutte le numerarie che è uno strumento di svago o di approfondimento culturale da utilizzarsi con la massima prudenza e restrizione[19]. In ogni caso la direttrice o la senior presente terrà sempre a portata di mano il telecomando per interrompere la visione dello spettacolo, momentaneamente o definitivamente, se le immagini possono offendere la sensibilità o il pudore che fanno parte dell’ascetica praticata da ogni membro dell’Opera[20].

Terminata la tertulia, inizia il tempo notturno. Ci si immerge di nuovo in un silenzio assoluto, che viene solo eccezionalmente interrotto per qualche richiesta urgente fatta comunque sottovoce, per non disturbare il raccoglimento delle altre. Ci si avvia verso l’oratorio per l’esame di coscienza, che è preceduto dal commento al Vangelo. Questa norma consiste in una breve frase di riflessione, approfondimento o esortazione scritta dalla persona che durante la giornata è stata di turno per dirigere le preghiere fatte in comune, sulla base del brano evangelico letto nella messa del giorno. Abitualmente il commento al Vangelo si prepara per tempo e si lascia sulla scrivania della direttrice, che lo legge per approvarlo. Anche quando, eccezionalmente, ci si riduce all’ultimo momento per prepararlo, prima di leggerlo ad alta voce in oratorio si sottopone alla sua approvazione. Il commento al Vangelo è concluso dall’indicazione della liturgia del giorno seguente, in modo tale che ognuna possa cercare sul messale la messa corrispondente, in Meditaciones la giusta lettura, e infine che si eviti di usare la disciplina - cosa che molte fanno appena alzate se è una giornata in cui è prevista - se il giorno seguente è una festa.

L’esame generale viene fatto in silenzio da ognuna. È di buono spirito consultare i propri personali punti di esame nell’agenda, e appuntare sulla stessa i risultati della lotta ascetica del giorno, per riportarli poi nel colloquio fraterno e se necessario nella confessione.

Passati tre, quattro minuti, per l’ultima volta in quella giornata la giaculatoria “Sancta Maria, spes nostra, ancilla Domini” pone termine alla giornata.

La richiesta alla direttrice dell’autorizzazione a restare alzate dopo l’esame per qualcosa di urgente che non si è riuscite a portare a termine verrà valutata con molta restrizione, e qualche volta l’autorizzazione sarà data, piú spesso verrà negata magari con un consiglio su come risolvere altrimenti il problema.

Ognuna si dedica ad una rapida sistemazione personale prima di andare a letto. Per qualcuna quella notte è la vigilia del proprio giorno di guardia: c’è da togliere il guanciale e sostituirlo con un libro. Già sa che quella notte si dormirà poco e male, e i frequenti risvegli dovuti alla sistemazione particolarmente scomoda serviranno per moltiplicare la recita dei Memorare e il ricordo e la preghiera per le altre numerarie del centro.

Ognuna, prima di coricarsi, si inginocchia accanto al proprio letto, e allargate le braccia in forma di croce, recita interiormente tre Ave Maria per chiedere la virtù della santa purezza[21].

L’ultimo atto regolato dalle norme è spruzzare il proprio letto con qualche goccia di acqua benedetta[22]. Infine, non resta che addormentarsi.


  1. “Se suele retrasar algo la hora de levantarse los domingos y días de fiesta, sobre todo cuando en los días laborables es muy temprana, aunque, en general, la diferencia de horario no es grande” (Glosas sobre la obra de San Miguel, Roma, 29-IX-87, II. Ambiente de los Centros).
  2. “Los fieles del Opus Dei deben cultivar intensamente un ascetismo lleno de fortaleza. Este ascetismo se apoya en la humildad - que todos manifiestan desde el primer instante del día, con la frente en el suelo, diciendo ‘serviam’ “ (De spiritu et de piis servandis consuetudinibus, Roma 1990, 13).
  3. “Para conseguir un trato más intimo con Dios, hemos de guardar silencio durante el tiempo de la noche y durante el tiempo de trabajo de la tarde: el primero dura desde el examen de la noche hasta el final de la Misa o de la oración de la mañana; el segundo, tres horas, después del almuerzo o de la tertulia” (De spiritu et de piis servandis consuetudinibus, Roma 1990, 123).
  4. Oltre ai volumi di Meditaciones, esistono tutta una serie libri ad uso interno dei soci dell’Opera che raccolgono gli insegnamenti del fondatore - riportati testualmente o commentati -, i criteri del buono spirito, argomenti dottrinali e ascetici, eccetera. Sarebbe molto ampio e complesso descrivere esaurientemente tutta questa bibliografia, ed esula anche dagli obiettivi di questo studio. Con riferimento alla vita quotidiana, basti sapere che periodicamente arrivano ai centri, pubblicati dall’imprenta - un complesso di attività sia redazionali che tipografiche svolte presso la sede centrale femminile dell’Opus Dei a Roma, a Villa Sacchetti - delle pubblicazioni periodiche, diverse per la sezione maschile e per quella femminile dell’Opus Dei. Nel caso della sezione femminile, il periodico mensile porta il nome di Noticias.
    “Las rivistas dirigidas a los fieles de la Prelatura tienen el aire de cartas de familia que, redactadas de modo sencillo y espontáneo, contribuyen eficazmente a su formación y a su vibración apostólica. Sirven también para conocer y aprovechar experiencias apostólicas o nuevos aspectos de la labor en otros lugares... Estas publicaciones no están pensadas para referir dificultades - de ordinaria administración en toda labor apostólica -: los artículos se escriben en un tono general optimista, alegre y positivo...” (Vademecum de Publicaciones internas - Roma, 9-I-87, I. Características generales). Resta solo de segnalare che gli articoli che appaiono sulle pubblicazioni interne non portano mai il nome di colui, o di coloro, che li hanno redatti.
  5. “En la medida de lo posible, en los Centros donde viven sólo Numerarios, el sacerdote dirige al menos una meditación a la semana... Además, se procura que, en los Centros de numerarios y agregados, el sacerdote dirija la meditación en las fiestas litúrgicas principales y en las fiestas de la Obra” (Glosas sobre la obra de San Miguel, Roma, 29-IX-87, I. Medios de formación).
  6. “En cualquier caso, los sacerdotes están un rato en el confesionario antes de celebrar la Santa Misa en los Centros de la Obra, muy especialmente en los que hay vocaciones recientes” (Glosas sobre la obra de San Miguel, Roma, 29-IX-87, I. Medios de formación).
  7. “Hay que procurar que haya Misa diariamente en cada Centro, celebrada por un sacerdote de la Obra: no es acertado que varios numerarios acudan juntos de modo habitual a una iglesia; y, de ordinario, tampoco conviene invitar a otros sacerdotes a celebrar en nuestros oratorios. Cuando hay aún pocos sacerdotes de la Obra en una ciudad, se pide a la Comisión Regional que autorice la binación siempre que sea necesario” (Glosas sobre la obra de San Miguel, Roma, 29-IX-87, I. Medios de formación).
  8. “...Donde hay un número suficiente de fieles de la Prelatura, siempre se ha vivido la tradición de entonar después del Santo Sacrificio algún canto en latín, que puede corresponder a la Misa que se ha celebrado o al tiempo litúrgico: Crux fidelis, Ubi Caritas, Pax in coelo, Ave Maris Stella, Magnificat, Te Ioseph, Oremus pro Patre, Rorate coeli, Media vita, etc.” (De spiritu et de piis servandis consuetudinibus, Roma 1990, 76, nota 35).
  9. “Leggevamo - tu e io - la vita eroicamente “ordinaria” di quell’uomo di Dio. E lo vedemmo lottare, per mesi e anni (che “contabilità” quella del suo esame particolare!), all’ora della colazione: oggi vinceva, domani era vinto… Annotava: «Non ho preso burro…, ho preso burro!». Magari vivessimo anche noi - tu e io - la nostra… “tragedia” del burro!” (Cammino, 205).
  10. “La preocupación de los miembros del Consejo local por el cuidado de la casa, les lleva a estar siempre pendientes de los detalles materiales, y a procurar que las demás personas del Centro ejerciten también su sentido de responsabilidad mediante encargos concretos” (Vademecum de las sede de los Centros, Roma, 6-XII-87, pag. 8).
  11. “Para mortificar y someter el cuerpo, los numerarios y los agregados del Opus Dei, de acuerdo con quien dirige su alma, practicarán fielmente la piadosa costumbre de llevar cada día, al menos por dos horas, un pequeño cilicio; además, una vez a la semana, usarán las disciplinas y dormirán en el suelo, siempre que no haya peligro para la salud” (De spiritu et de piis servandis consuetudinibus, Roma 1990, 125).
  12. Per quello che si riferisce a questa consuetudine, v. infra.
  13. “Las tertulias son una necesidad de la vida en familia, un gran medio para mejorar la formación y una oportunidad de manifestar prácticamente la entrega a los demás en multitud de pequeños detalles... El Consejo local cuida de que las tertulias mantengan siempre el tono sobrenatural y humano proprio de la Obra, y procura que todos contribuyan a lograr este ambiente, sin que ninguno - por timidez o comodidad, inconscientemente - esté habitualmente pasivo” (Glosas sobre la obra de San Miguel, Roma, 29-IX-87, II. Ambiente de los Centros).
  14. “Pitar” - fischiare - è la parola che viene usata nel linguaggio interno dell’Opus Dei per indicare che una persona ha chiesto l’ammissione all’Opera, con allusione al fischio che la locomotiva del treno emetteva, in passato, per segnalarne la partenza. Parlerò in seguito delle varie incorporazioni che portano all’inserimento definitivo nell’istituzione. Per il momento voglio solo accennare al momento iniziale della vocazione. Il “pitaggio” è preceduto dal lavoro proselitistico che provoca la “crisi” (= ricerca) vocazionale, attraverso un piano inclinato che, se tutto va bene, continuerà successivamente in maniera graduale con la formazione data alle vocazioni recenti. Questo piano inclinato porta a risvegliare nell’animo delle ragazze, ritenute idonee a diventare a loro volta numerarie (o, a seconda dei casi, numerarie ausiliari, aggregate o soprannumerarie), inquietudini spirituali, spingendole a iniziare ed approfondire un cammino di intensa vita di pietà, formazione dottrinale e inquietudini altruistiche non solo riguardo ai bisogni materiali, ma soprattutto verso i bisogni spirituali del loro prossimo. Una volta provocata la crisi vocazionale, si segue con assiduità la candidata alla vocazione fino a quando, in alcuni casi, si ottiene che questa acconsenta a chiedere l’ammissione all’Opera. Tale richiesta viene fatta per mezzo di una lettera nella quale si manifesta chiaramente al prelato (o al consigliere regionale, nel caso delle soprannumerarie) la propria volontà di essere ammessa nell’Opus Dei come numeraria (o altro, a secondo dei casi). Quando si giudicava opportuno, si organizzavano delle brevi convivenze con l’obiettivo di dare la spinta finale a qualche pitabile ancora indecisa, mediante una vita di famiglia piú intensa e affettuosa, il racconto, appunto, della vocazione di altre numerarie, o di episodi commoventi della storia dell’Opera, ma soprattutto mediante un rapporto personale particolarmente intenso con le numerarie (quasi sempre una piú vicina per età e circostanze alla pitabile e un’altra piú grande e autorevole) che la seguivano apostolicamente. Fino all’erezione dell’Opus Dei in Prelatura personale, nel 1982, l’età minima per poter chiedere l’ammissione era di quattordici anni e mezzo. Dopo l’erezione a Prelatura tale limite di età venne innalzato: “La edad mínima para incorporarse a la Prelatura, mediante la Oblación son los dieciocho años. Por tanto, nadie puede ser admitido antes de los diecisiete, ni se toma la petición de admisión de quienes no hayan cumplido los dieciseis años y medio. Las personas que, a partir de los catorce años y medio, deseen pedir la admisión, sólo podrán solicitarla como aspirantes, mediante carta dirigida al Consiliario. Los aspirantes deben reunir las condiciones y disposiciones previstas para los candidatos. Al cumplir los dieciseis años y medio, si perseveran en su propósito, y el Consejo local correspondiente lo autoriza, escriben una nueva carta pidiendo la Admisión en la Obra” (Vademecum de los Consejos locales, Roma, 19-III-1987, cap. I, pag. 19).
  15. “Para hacer referencia a las pocas Normas y Costumbres que cumplen juntos los miembros de la Prelatura que viven en familia se emplea la expresión reuniones de familia, porque lo son. En los Centros de numerarios mayores, estas reuniones son diariamente la oración de la mañana, la Misa y la acción de gracias, las Preces, la Visita al Santísimo, el examen del mediodía, el comentario del Evangelio y el examen de la noche. En los otros Centros, además, se reza diariamente en familia una parte del Rosario” (Glosas sobre la obra de San Miguel, Roma, 29-IX-87, II. Ambiente de los Centros).
  16. Las reuniones en familia de los fieles varones se concluyen con la jaculatoria: Sancta Maria, Spes nostra, Sedes Sapientiae, ora pro nobis; y las de las mujeres de la Prelatura son: Sancta Maria, Spes nostra, Ancilla Domini, ora pro nobis” (De spiritu et de piis servandis consuetudinibus, Roma 1990, 86).
  17. Cf nota 53.
  18. “El diario se redacta en un estilo sencillo, familiar, sin pretensiones literarias, pero sin abusar de vulgarismos o de frases hechas, ininteligibles a la vuelta de poco tiempo. La extensión es variable: unos días bastan tres o cuatro líneas; otros, en cambio, se escriben algunas páginas. Los temas brotan espontáneamente de la preocupación apostólica, de la visión sobrenatural, de la ilusión y del cariño humanos que caracterizan el ambiente del Centro: pequeños detalles de la vida en familia; anécdotas del apostolado; hechos edificantes narrados con naturalidad; etc. Aunque el espíritu de alegría y de optimismo lleva a no transformar el diario en un paño de lágrimas, se anotan también, si ocurren, algunos hechos o circunstancias que, de no relatarse darían una visión deformada, irreal de la vida de ese Centro… El Director revisa con frecuencia el diario, tanto para subsanar posibles olvidos, como para hacer las correcciones oportunas” (Vademecum de las sedes de los Centros, Roma, 6-XII-87, pag. 32-33).
  19. “...De ordinario, apenas queda tiempo para ver la televisión... Es frecuente, en bastante países, que la televisión, como otros medios informativos, difunda doctrinas filomarxistas, materialistas o laicistas, en el modo de dar y comentar las noticias, en reportajes de tipo cultural o religioso, etc.: a veces, de un modo solapado, particularmente insidioso. Además, es cada vez más agresiva la inmoralidad de muchas emisiones televisivas: en ocasiones, abiertamente pornográficas, o, al menos, de una sensualidad o frivolidad incompatibles con el tono de una familia cristiana” (Glosas sobre la obra de San Miguel, Roma, 29-IX-87, II. Ambiente de los Centros).
  20. “Concretamente, puede suceder que, aun habiéndolo seleccionado con atención, se comience a ver un programa que - en contra de lo que se había previsto - resulte deformador o desentone con el ambiente de una familia cristiana: entonces, con naturalidad, pero inmediatamente, se apaga el televisor. Almenos en los Centros de Estudios y en los Centros de gente joven, está siempre presente algún miembro del Consejo local cuando se ve la televisión, para enseñar de modo práctico estos criterios prudenciales” (Glosas sobre la obra de San Miguel, Roma, 29-IX-87, II. Ambiente de los Centros).
  21. “Cada día, antes de acostarse, los fieles del Opus Dei rezan devotamente - de rodillas y, si es posible, con los brazos en cruz -, tres Avemarías, llamadas de la Pureza” (De spiritu et de piis servandis consuetudinibus, Roma 1990, 86).
  22. “Tengan todos en su habitación agua bendita, con la que rociarán su cama, antes de acostarse, y con los dedos mojados se signarán también con la señal de la Cruz” (De spiritu et de piis servandis consuetudinibus, Roma 1990, 115).


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